Dante Alighieri (1265 – 1321)è senz’altro una figura che non ha bisogno di presentazioni e in questa sede non pare necessario ripercorrere le fasi, note e facilmente reperibili altrove, della sua vita. Autore di uno dei maggiori capolavori della letteratura mondiale, Dante partecipò, ancor giovane, alla battaglia di Campaldino. All’epoca era ancora lontano dal diventare la persona che ci restituiscono le fonti, che lo dipingono sdegnoso e solitario, intento solo allo studio, forse a causa delle sventure e del progredire dell’età. Nel periodo della piena adolescenza, che a parer suo finiva a venticinque anni, non disprezzò affatto gli svaghi e le mondanità, così come i corteggiamenti amorosi, conformandosi dunque al comportamento tipico di quell’età. Scriveva rime di galanteria amorosa, tra cui una in cui menzionava sessanta belle donne fiorentine, nella quale pose al nono posto Beatrice. Era abile a cavallo ed esperto nella caccia con il falcone.
Pertanto, al momento della battaglia di Campaldino, le glorie letterarie del ventiquattrenne Dante erano ancora da scrivere. Cionondimeno, la partecipazione allo scontro ebbe un impatto notevole su di lui, che in una lettera riportata da Leonardo Bruni confessò di avere avuto “temenza molta, e nella fine allegrezza grandissima per li varii casi di quella battaglia”. Sul timore provato dal giovane fiorentino non v’è da dubitare, dal momento che fu schierato in prima linea tra i feditores, cavalieri armati alla leggera, presto costretti a ripiegare dalla carica dell’esperta cavalleria aretina. Va notato che, pur non essendo stato egli un amante della guerra e pur non essendo la Commedia un poema d’armi, in essa i riferimenti alla battaglia sono molteplici, così come non mancano riferimenti all’esperienza di milite del suo autore, sebbene slegati da richiami espliciti a Campaldino. Nel canto XXII dell’Inferno, ai versi 1 – 12, si può apprezzare la padronanza del poeta del linguaggio militare: dal latinismo “mover campo” – castra movere, all’elenco di strumenti di marcia e di segnalazione dei movimenti delle truppe: trombe, campane, tamburi, fuochi (“cenni di castella”), strumenti a fiato (“cennamelle”). In altri canti dell’Inferno e del Purgatorio non mancano inoltre descrizioni di penitenti ricche di particolari realistici e sanguinolenti, che verosimilmente traggono la loro origine dalla memoria visiva della battaglia.
La giornata di Campaldino è infine rievocata esplicitamente nel canto V del Purgatorio, ai versi 91 – 129 dedicati alla narrazione della morte di Buonconte da Montefeltro, il cui corpo non era in realtà mai stato ritrovato. I passi, che fondono sapientemente finzione letteraria e ricordi di quella giornata, costituiscono un momento assai alto della liricità dantesca.
Per approfondire:
Chimenz Siro A. Dante Alighieri, in “Dizionario Biografico degli Italiani”, vol. 2, 1960.
Mazzoni F. Gli echi di Campaldino: Dante, in La battaglia di Campaldino e la società toscana del ‘200. Atti del convegno di studi storici, Firenze, Poppi, Arezzo, 27, 28, 29 settembre 1989, pp. 11 – 34.
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