Nascita del partito popolare
Dal punto di vista istituzionale una importante svolta si può riscontrare nel 1256. In coincidenza con una probabile revisione dello Statuto comunale si inserisce ufficialmente nell’assetto istituzionale aretino un nuovo soggetto politico sotto la tutela del primo popolo fiorentino: il Popolo aretino. L’istituzione che prende il nome di Popolo è l’espressione della nascente borghesia ed è composta da diversi organi: il Consiglio generale del Popolo aretino al quale partecipano gli appartenenti alle arti, organismi derivanti da quelle societas menzionate precedentemente (ognuna rappresentata dal proprio Priore), il Consiglio o Collegio degli Anziani poi dei Ventiquattro che sarebbe un consiglio più ristretto rispetto al primo, il Capitano del Popolo, figura che rappresenta l’istituzione nel suo complesso. Nel 1256 il Consiglio generale del popolo sostenuto da una assemblea dei boni homines populares si affianca al Consiglio generale del Comune sempre costituito da duecento membri.
Il nuovo ceto dirigente comunale
L’analisi di Scharf del Consiglio generale del popolo del 1256 e del Collegio degli anziani ci permette di capire come cambia il ceto dirigente comunale rispetto a quello emergente dal documento del 1222. C’è ovviamente una certa continuità: nel Consiglio degli anziani troviamo personaggi appartenenti alle famiglie degli Accarisci e dei Signoretti, già presenti nel Consiglio della campana del 1222, nel Consiglio generale del popolo abbiamo invece Nerbotti, Corbizzi, Sassoli e Marabottini. Ci sono poi altri personaggi che rappresentano una totale novità nel panorama politico ed in verità sono la maggioranza. Fra questi i giudici Guido di Gregorio (nel Coinsiglio degli Anziani) Gronda di Bonagrazia da Quarata ed Accorso Carrari ed il notaio Fede (Consiglio del popolo). Ma di tale Consiglio oltre ad innumerevoli altri giudici e notai di cui non sappiamo il nome, facenti parte del gruppo burocratico dei tecnici, a questo punto veramente in primo piano nella macchina organizzativa comunale, fanno parte anche persone esercitanti le più svariate professioni quali medico, fabbro, lanaiolo per citarne alcune. Dal canto suo il ceto aristocratico è qui meno rappresentato e si nota la quasi scomparsa delle famiglie nobili minori del Contado, ma soprattutto risalta l’assenza dei Bostoli e dei Tarlati.
Il Popolo prende il sopravvento
Nel 1257 il Consiglio Generale della Campana dei Duecento ed il Consiglio generale del Popolo si fronteggiano apertamente creando un vero e proprio conflitto istituzionale che porta ad un rischio di paralisi. E’ probabile che da questo momento l’istituzione del Popolo aretino prenda il sopravvento, lasciando sussistere le strutture precedenti; si crea una situazione per cui le decisioni non si prendono più senza il parere degli organi di matrice popolare. Questa situazione tende a mitigarsi già l’anno successivo. Nel 1258 infatti per redigere un documento importante dove il Comune ratifica la terza pace con Firenze si costituisce una seduta plenaria con tutti gli organi istituzionali: Consiglio generale dei Duecento del Comune, Consiglio generale del Popolo formato dai Rettori delle arti, dai “domini sotietatum” e dai loro consiglieri oltre a cento persone aggiunte, dal Consiglio degli Anziani e dal Consiglio di credenza. L’analisi della composizione dei membri dell’Assemblea plenaria mostra una classe dirigente modificata rispetto a due anni prima. Torna ad affacciarsi in modo più consistente nel panorama politico la componente aristocratica: tre Tarlati da Pietramala, tre Sassoli, un Accarisci, un Assalti, un Corbizzi, un Bostoli ed un Nerbotti, e famiglie della piccola nobiltà del Contado quali i da Montebuono, i da Catenaia, i da Chiassa sono presenti nel documento. Sono ancora presenti ovviamente giudici, notai e medici oltre ad altri personaggi che svolgono i più disparati mestieri a testimonianza della corposissima componente popolare. Ma in questo caso appare una situazione piuttosto equilibrata fra aristocrazia e “homines novi”, senza il sopravvento di un gruppo sull’altro: gli uffici più prestigiosi erano più spesso conferiti a membri delle famiglie aristocratiche di rilievo che garantivano l’autorevolezza, ma molti altri compiti erano affidati a personaggi più popolari. Sappiamo che nel 1260 il Comune si dota di un sistema di estimo molto avanzato al quale si ispirerà addirittura Firenze nel 1285 (Sharf pag.111). Nel 1266 è attestato un Consiglio generale dei Duecento e del Popolo nuova istituzione nata a fianco del Consiglio generale del Popolo nato dieci anni prima. Questo dimostra che il Consiglio comunale ha uno scarso potere complessivo ed è sotto il controllo popolare. E’ sicuro che il Popolo cresce sfruttando le lotte interne al ceto nobiliare e cresce a tal punto che nel 1274 le 12 Arti sono così ingombranti da essere sciolte. Nel 1278 solo dopo 4 anni dal loro scioglimento le Arti sono ricomposte e sono tornate tanto forti da far costruire al culmine della principale via di Arezzo il Palazzo del Popolo. Tale situazione tende tuttavia nuovamente a riequilibrarsi negli anni successivi e si ricrea il dualismo Comune/Popolo testimoniato dalla presenza di un Consiglio generale dei Trecento attestato tra il 1278 e il 1282 da interpretare come ripristino del precedente Consiglio dei Duecento.
Per approfondire
Berti, “Arezzo nel tardo Medioevo 1222-1440”
Scharf, “Potere e società ad Arezzo nel XIII secolo (1214-1312)”
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