Il Comune dopo Campaldino
La battaglia ha delle conseguenze enormi sull’assetto del Comune aretino. La morte di Guglielmino degli Ubertini lascia un vuoto istituzionale duplice dal momento che rivestiva il ruolo di Vescovo e di guida politica del Comune aretino. Viene eletto Vescovo Ildebrandino dei Conti Guidi e la famiglia Tarlati riesce a stabilire con una certa fatica la Signoria non formalizzata sulla città tanto da essere definita da Berti “occulta”. La totale disfatta della classe aristocratica ha come conseguenza quella di rafforzare il ceto popolare.
I Tarlati diventano protagonisti della scena politica
Il Comune rivolge i suoi interessi verso la parte orientale nell’orbita del proprio distretto dal momento che quella occidentale è ormai caduta nelle mani dei guelfi fiorentini. Vengono sospesi i conflitti con Firenze e Siena fino alla fine del secolo costruendo al confine con Firenze i presidi di San Giovanni, Terranuova e Castelfranco. Il vuoto di potere lasciato in città dalla scomparsa del Vescovo Ubertini viene occupato dai Tarlati, i capi della fazione ghibellina. Il Vescovo di Arezzo diventa Ildebrandino dei Conti Guidi, appartenente ad una famiglia esterna ai giochi di potere aretini. I Tarlati mantengono un ruolo predominante che sfocerà nella vera e propria Signoria con il suo massimo rappresentante, Guido, trent’anni dopo. Intanto il capo famiglia Tarlato da Pietramala, detto Tarlato Novello, impedisce con la forza una cospirazione dei guelfi che tentano di approfittare della sconfitta di Campaldino, e provvede a rinsaldare i rapporti con le componenti ghibelline della Romagna e delle Marche in particolare con la famiglia dei Montefeltro. Questo spinge il Papa Bonifacio VIII a lanciare l’interdetto su Arezzo.
Il nuovo Consiglio dei Quattrocento
Nel 1290 riemerge il Consiglio dei Quattrocento in seguito ad una nuova riforma statutaria. Si ha un periodo in cui si ha una nuova forma ristretta detta consiglio dei Duecento (risulta però difficile pensare che svolgesse le funzioni di governo dell’intero Comune) e poco dopo si torna al Consiglio generale dei Quattrocento in alcuni documenti definito Consiglio della Città.
Uguccione della Faggiola caccia i Tarlati
Nel 1307 Uguccione della Faggiuola, che fu destituito qualche anno prima dalla carica di Podestà per la sua posizione filo-papale e a favore dei Guelfi Neri di Firenze, cerca di ridimensionare l’egemonia dei Tarlati, insieme ad alcune famiglie ghibelline, nasce così la fazione ghibellina dei Verdi a favore dello stesso Uguccione, mentre quella favorevole ai Tarlati viene chiamata dei Secchi. I Tarlati questa volta hanno la peggio e vengono esiliati da Arezzo. I vittoriosi Verdi favoriscono il rientro dei Guelfi e si forma un nuovo governo comunale costituito da Guelfi, Ghibellini e Popolo. Uguccione della Faggiuola, eletto Capitano del Popolo, cerca, a dispetto della carica, di estromettere l’elemento popolare dal governo della città e subisce l’aggressione da parte delle altre forze governanti.
La reazione dei Tarlati
Le ostilità vengono sospese dal rientro violento dei Tarlati che cacciano Guelfi e Ghibellini Verdi. Dopo altri tentativi di ingerenza da parte di Uguccione della Faggiuola, i Tarlati ottengono il definitivo allontanamento di quest’ultimo ed il ridimensionamento della parte popolare. A dar man forte ai Ghibellini di parte tarlatesca è l’Imperatore Arrigo VII che scende in Italia deciso a concludere le infinite lotte tra Guelfi e Ghibellini a favore degli ultimi.
L’intervento di Arrigo VII
La città di Arezzo cede al Sovrano il comando nel gennaio del 1311 e il 25 marzo dello stesso anno a Civitella la parte guelfa e quella ghibellina firmano una pace, riconoscendo al Vescovo Ildebrandino dei Conti Guidi la Signoria sulla città. Il 6 settembre 1312 Arezzo accoglie Arrigo VII dentro le sue mura e da qui prende il via un’altra spedizione contro Firenze. Tale mossa porta ad una nuova cacciata dei guelfi dalla città: la pace di Civitella ha avuto vita breve. Quest’ultimo fatto, la morte nello stesso anno del Vescovo Ildebrandino, l’appoggio dell’Imperatore, permettono ad un giovane rampollo della famiglia Tarlati, Guido, di diventare Vescovo. La morte di Arrigo VII accolta con lutto in città, tanto da mutare il colore del cavallo inalberato, simbolo della città, da bianco a nero (ed ancora è tale), obbliga il Comune aretino a far pace con Firenze.
Per approfondire
Berti, “Arezzo nel tardo Medioevo 1222-1440”
Scharf, “Potere e società ad Arezzo nel XIII secolo (1214-1312)”
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