Lo statuto del 1327 e le nuove magistrature
Dopo la morte di Guido Tarlati la famiglia mantiene il governo sulla città. Opera una nuova stesura dello Statuto del Comune, viene introdotta la Magistratura dei Defensores civitatis, due eletti dai precedenti Defensores, in carica per sei mesi. Dal momento che il Consiglio Generale comunale nomina inizialmente Rodolfo e Bettino da Pietramala, tutti e due appartenenti alla Famiglia Tarlati, questo determina di fatto la prosecuzione della Signoria sulla città della famiglia: infatti i due una volta giunti alla fine del loro mandato nomineranno Pier Saccone (fratello di Guido) e Bertoldo, sempre della famiglia Tarlati. Non solo questa situazione viene definitivamente blindata con la nomina statutaria che prevede che ai difensori sia affidata la scelta dei cittadini preposti alla modifica dello Statuito stesso, cittadini sicuramente vicini e favorevoli a chi li ha nominati. Al di fuori di questa novità, le altre Magistrature vengono mantenute: il potere esecutivo è in mano ai Signori Otto (due per ogni porta cittadina) e quello decisionale è in mano al Consiglio Generale dei Quattrocento (cento per ogni porta). A queste cariche si può accedere solo sopra un certo reddito annuo e questo ci dimostra la volontà degli statutari di aristocratizzare l’istituzione comunale.
La nuova apertura alla fazione popolare
Si ha tuttavia nuovamente, cosa non più verificatasi dai tempi di Guglielmino, un’apertura politica ai più alti gruppi sociali popolari. Scrive Berti: “Gli uomini affiancatisi alla vecchia classe dirigente nobiliare e cavalleresca nella gestione della cosa pubblica sono espressione di un ricco ceto medio di estrazione urbana, dedito alla mercatura e al prestito di denaro; un ceto che –collocandosi nella scala sociale fra il vertrice nobiliare e la base artigiana e contadina_ potrà presto autodefinirsi “populus de media gente”, ponendosi come l’equivalente aretino a quel ‘popolo grasso’ che a Firenze ha preso le redini del Comune fin dal 1295. Da questi gruppi sociali escono copiosamente quelle categorie professionali di giudici e di notai che, in una società caratterizzata dallo sviluppo del diritto e delle funzioni pubbliche, si pongono come potenziale classe di governo alternativa rispetto alla nobiltà”. Nonostante ciò dallo Statuto emerge una posizione che non mira alla lotta contro gli interessi nobiliari emergente soprattutto nel Contado, anche se le norme statutarie favoriscono le prerogative mercantili.
La nuova organizzazione della macchina comunale
Nel 1330 gli uffici cancellereschi comunali raggiungono un alto grado di organizzazione dovuto anche allo svilupparsi della Giustizia comunale. Esisteva una Curia dei malefici, ossia un tribunale che aveva in dotazione un notaio come cancelliere che redigeva un apposito registro, vi era un altro cancelliere addetto esclusivamente alla redazione di copie degli estratti delle sentenze dopo averle lette nel Consiglio dei Quattrocento ed avere ottenuto da questo l’autorizzazione alla copia. Tuttavia questo assetto comunale dura appena un anno. Pier Saccone in accordo con la propria Famiglia e forte della carica di Vicario imperiale per la città, accetta su di sé tutte le responsabilità di governo, ottiene dal Comune il titolo di generalis Dominus aretinus, gli viene accordata la possibilità di legiferare su ogni materia tranne quella fiscale.
La politica di Pier Saccone
Pier Saccone i questa nuova posizione di comando riconquista Borgo Sansepolcro, nel 1329 consolida il possesso di Caprese, si espande nelle valli della Marecchia, del Foglia, del Metauro e del Burano. Nel 1333 conquista Casteldeci e nel 1334 ottiene il controllo di tutta la Massa Trabaria.
La coalizione antitarlatesca
Questi successi scatenano una coalizione antitarlatesca costituita dalle famiglie ghibelline colpite nel Contado dall’espansione della famiglia da Pietramala (Ubertini, Guidi, della Faggiuola) ma anche dalle famiglie guelfe (Casoli di Cortona, Guelfucci di Città di Castello), ed anche dal Comune di Perugia e di Firenze. Nel 1335 il vasto dominio dei Tarlati da Pietramala ha un drastico ridimensionamento: vengono persi Borgo Sansepolcro, Città di Castello, Citerna, Foiano, Gargonza, la Val d’Ambra, Castiglion Aretino e Lucignano. L’ondata antitarlatesca arriva anche in città nel 1336 dove vengono sventate due cospirazioni fomentate dal Comune di Perugia per insediare un governo guelfo ad Arezzo. Firenze dal canto suo, temendo un patto fra Pier Saccone e gli Scaligeri di Verona, invia un contingente nell’aretino.
Il trattato fra Pier saccone e Firenze
Pier Saccone visto l’accerchiamento e l’isolamento nel quale si trova, il 7 marzo 1337 stipula un trattato in cui cede al Comune di Firenze per dieci anni la Signoria su Arezzo, il Contado ed il Distretto della città, mantenendosi il possesso di numerosi castelli e ricevendo per la famiglia lo status giuridico di “popolari” della città di Arezzo e Firenze.
Per approfondire
Berti, “Arezzo nel tardo Medioevo 1222-1440”
Scharf, “Potere e società ad Arezzo nel XIII secolo (1214-1312)”
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