Figlio di Giacomo dei Rossi, Ugolino (1255ca – post 1307) è membro di un antico e illustre casato magnatizio del territorio parmense, il cui centro del forte dominio territoriale era la piccola località di San Secondo in provincia di Parma, a circa 20 km dal capoluogo.
Per dare l’idea dell’importanza storico-politica della famiglia dei Rossi in Italia, basti pensare che il loro dominio feudale ha resistito fino al 1817.
Già nel 1146 i Rossi sono comproprietari, insieme ai canonici della cattedrale di Parma, della terra di San Secondo, dove però, a partire dal Duecento, esercitano a tutti gli effetti la signoria. Nel 1365 il vescovo di Parma Ugolino dei Rossi vende l’intero territorio ai nipoti Giacomo e Bertrando, creando ufficialmente la “Contea”; San Secondo resta tale fino al 1502, quando cioè il re francese Luigi XII (al tempo fortemente coinvolto nelle faccende italiane) lo eleva a “Marchesato”, terminato soltanto nel 1817, anno dell’estinzione della famiglia.
Ecco perché troviamo Ugolino in veste di podestà in numerose città dell’Italia centro-settentrionale; i comuni preferiscono reclutare questi ufficiali di vertice direttamente dall’ambiente aristocratico, perché l’attività di governo, la guerra e la diplomazia sono considerati lo spazio d’azione elettivo della vecchia aristocrazia feudale.
Inoltre, i Rossi di Parma, sembrano essere particolarmente richiesti perché, in virtù del loro prestigio sociale e delle aderenze politiche estese in tutta Italia, nel corso del Duecento riescono a ritagliarsi un posto di rilievo anche all’interno delle massime istituzioni dell’epoca, Chiesa e Impero: emblematico, in questo senso, il caso del nonno di Ugolino, Bernardo.
Lo scrittore parmense fra’ Salimbene de Adam ci mostra infatti lo stretto sodalizio politico tra l’imperatore Federico II di Svevia e Bernardo, scrivendo che quest’ultimo “fu compagno dell’imperatore e suo grande amico […] e quando voleva essere ricevuto non vi era porta che gli fosse chiusa”; è per questo che il parmense è inviato dall’imperatore in molte città ghibelline a ricoprire l’incarico di podestà, tra le quali anche Arezzo nel 1235 (tre anni dopo è podestà aretino un altro dei Rossi, un certo Orlando, come riferito dagli Annales Arretinorum all’anno 1238: “Orlandus Rubeus de Parma”).
Gli ottimi rapporti con l’imperatore dovettero però inclinarsi quando, a seguito dell’elezione al soglio pontificio del cognato Sinibaldo Fieschi nel 1246 (Innocenzo IV, nemico giurato di Federico II), Bernardino e i consorti passano dalla parte guelfa, dove li troviamo ancora al tempo di Ugolino.
Dicevamo, quindi, di Ugolino dei Rossi podestà: nel 1282 è a Lucca, l’anno dopo a Perugia, nel 1285 a Milano, nel 1286 a Modena e nel 1287 a Bologna.
Nel 1289, al momento della battaglia di Campaldino, Ugolino è podestà di Firenze; egli è quindi il più alto ufficiale fiorentino sul campo di battaglia.
È proprio per questo motivo che, al momento del rientro a Firenze dell’esercito vittorioso sui ghibellini, a Ugolino viene concesso, al pari del francese Amerigo di Narbona comandante generale delle forze guelfe a Campaldino, di indossare un palio di drappo d’oro sopra il capo in segno di trionfo. La scena è magnificamente illustrata in un affresco situato all’interno della cosiddetta “Sala delle Gesta Rossiane”, cioè il salone di rappresentanza della “Rocca dei Rossi” di San Secondo voluto dal marchese Troilo II intorno al 1570 e dove sono rappresentate 13 diverse imprese della famiglia dei Rossi comprese tra il XII e il XVI secolo.
A seguito del successo ottenuto a Campaldino, Ugolino riceve il favore e la protezione del pontefice Bonifacio VII che nel 1295, mentre sta svolgendo l’incarico di podestà a Lucca per la seconda volta, lo convoca presso di sé e gli concede il prestigioso titolo di senatore di Roma.
La fortuna politica di Ugolino è ormai pienamente ‘esplosa’; nel 1298 è podestà di Orvieto, nel 1302 di Lucca per la terza volta, l’anno dopo di Perugia, nel 1304 è richiamato a Orvieto, nel 1305 è di nuovo a Perugia.
Ancora nel 1305, Carlo II d’Angiò nomina Ugolino reggente della gran corte vicaria del Regno di Napoli ma, a partire dal 1307 non si hanno più notizie del parmense, che dev’essere quindi morto, non sappiamo dove, in questo periodo.
Il personaggio di Ugolino dei Rossi di Parma non è certo tra quelli più studiati a livello storiografico e per questo appare, in un certo senso, ‘sfuggevole’; anche in merito ai fatti di Campaldino le cronache gli hanno concesso niente di più che una semplice menzione, quasi che non avesse avuto alcun merito nella vittoria guelfa.
La realtà è però molto diversa. L’elenco delle città in cui il parmense ha esercitato il ruolo di podestà, cioè niente di meno che quello di vertice dell’amministrazione pubblica, è composto di centri di primo piano del panorama geopolitico Due-Trecentesco e suggerisce quindi la necessità di approfondire, se non in parte rivedere, l’immagine storica di un uomo che, spalleggiato da consorti altrettanto potenti e capaci, ha saputo muoversi con intelligenza all’interno di quelle oscure e delicate trame di potere che, al tempo, hanno invece affondato molti altri, anche più celebri, personaggi.
Per approfondire:
Litta, Famiglie celebri d’Italia. Rossi di Parma, Torino, 1835
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