Arezzo, già a partire dall’antichità, è stata una città che ha avuto un passato molto florido. Durante il periodo etrusco, fu sede di una importante lucumonia, celebre all’epoca sia dal punto di vista militare sia da quello culturale ed economico: si pensi alle grandi produzioni di vasellame e di statue di bronzo e alle ricche necropoli scoperte nel corso degli anni. Il ruolo strategico di Arezzo fu attestato anche nell’età romana: una potenza economica (e militare), confermata anche da uno dei suoi cittadini più illustri di quell’epoca: Gaio Cilnio Mecenate, consigliere ed amico dell’imperatore Augusto, nonché celebre creatore e finanziatore di un circolo di poeti fra cui si annovera Orazio, Properzio e Virgilio.
Il dato interessante dell’età romana riguarda il territorio “giurisdizionale” di Arezzo. La città era provvista, infatti, di un’ampia estensione territoriale, che è stata “la base del contado medioevale e perfino, con qualche modifica, dell’attuale Provincia”.
Prima di occuparci della nascita del Libero Comune, è importante soffermarci sul periodo dell’Alto medioevo quando, a causa del crollo dell’Impero romano, con le conseguenti invasioni e il lungo periodo della dominazione longobarda e carolingia, la città riduce il suo numero di abitanti e sposta le attività in collina. Difatti, tra il VII e il X secolo, Arezzo non contava più di 2000 o 3000 abitanti e si riduceva ai 17 ettari della cinta muraria di allora, ovvero dalla cima del colle S. Pietro e del colle S. Donato e alle loro pedici meridionali fino alla porta S. Andrea. Difficile per questi secoli, a causa della mancanza di documenti, tratteggiare la figura del ceto dirigente della città. Da questo “disfacimento dell’ordinamento pubblico, riguardante principalmente i secoli X e XI, emerge progressivamente la figura del vescovo-conte, che vive nel castello fortificato del Pionta (Duomo Vecchio) dirimpetto alla città e che comincia a fregiarsi – primo esempio in Italia – del titolo comitale a partire dal 1052”. Tale situazione non era gradita agli abitanti di Arezzo dell’epoca: il castello vescovile, infatti, dove il presule esercitava il potere temporale, “fu almeno parzialmente distrutto tre volte”.
Terminati questi secoli bui, dopo l’anno Mille si verifica un rifiorire della città. La ricca documentazione in nostro possesso, di provenienza essenzialmente monastica, mostra ad Arezzo la rinascita di un “fermento economico, demografico ed edilizio”. Simbolo di questo rinnovamento è la nascita del libero Comune, che torna a riaffermare il proprio dominio nel contado, colpendo soprattutto gli ampi poteri signorili esercitati dalle autorità ecclesiastiche.
La nascita del comune aretino non è ben documentata: come per altre città italiane, si parla di “carattere informale dei primi sviluppi comunali. Nel caso aretino, appare che il comune si dimostrò inizialmente ostile alla signoria dei vescovi sulla città e, forse di fronte al Vescovo Buiano verso il 1130, alle pretese fiscali”.
La presenza di un console è attestata ad Arezzo fin dal 1098. Attorno al 1200 lo sviluppo urbano induce alla costruzione di una nuova cerchia di mura, che sul lato Nord-Est si riconnette a quella etrusco-romana, mentre sui versanti Sud ed 0vest abbraccia a semicerchio la base della collina con un tracciato ancora visibile nel percorso di via Garibaldi. Il perimetro della cinta raggiunge i 2.600 m. e racchiude un’area di ca. 51 ettari; la radiale principale diviene il borgo maestro.
Nel corso del Duecento sorgono nella parte più alta della collina numerosi edifici pubblici e case-torri, viene portata a termine la costruzione della prima grande basilica della città comunale, la Pieve di S. Maria, splendido esempio di architettura romanica. Alla fine del secolo, sotto l’influsso del nuovo stile gotico che va affermandosi, inizia la costruzione della Cattedrale, evento che segue il forzato ritorno della sede vescovile all’interno delle mura (1203), e delle chiese di due importanti ordini monastici predicatori: S. Francesco e S. Domenico.
La vita cittadina è regolata dal Comune, retto in prevalenza dalla parte ghibellina, che estende il proprio dominio su un vasto territorio (da Borgo S. Sepolcro alla Massa Trabaria, dal medio Valdarno alla Valdambra, dal Casentino alla Valdichiana) rendendosi protagonista della sanguinosa presa di Cortona (1258) e scontrandosi con alterna fortuna con i grandi Comuni vicini (Siena, Firenze, Perugia, Città di Castello). La disfatta subita dai ghibellini a Campaldino (1289), dove muore lo stesso vescovo di Arezzo Guglielmino Ubertini, mette Firenze e Siena in possesso di larghe porzioni di territorio aretino.
Per quanto concerne la rinascita culturale, è importante sottolineare l’apertura dello Studium – i cui ordinamenti del 1255 regolano una delle più antiche Università medioevali – il fiorire delle Arti liberali e l’attività di rimatori (Guittone, 1235 ca. – 1294) ed artisti locali (Margarito d’Arezzo, 1236 ca. – 1293 ca.), seguiti da maestri fiorentini (Cimabue, Crocifisso in S. Domenico) e senesi (Pietro Lorenzetti, polittico della Pieve). Nel 1304 Arezzo dà i natali a Francesco Petrarca, figlio di un fuoriuscito fiorentino.
Testi di riferimento:
J.P. Dumeau, Ldel comune aretino e le vicende successive al XIII secolo (1098-1222)
L. Berti, F. Rossi (a cura di), Arezzo. Guida turistica della città. Arezzo, Comune di Arezzo, 1990
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