Questo breve racconto è ambientato nel 1330. Tre anni prima era morto Guido Tarlati, Vescovo e Signore della città di Arezzo. Con la morte di Guido Tarlati la famiglia a capo della fazione ghibellina aretina si riorganizza per mantenere il proprio controllo sulla città e sul comune di Arezzo. Opera una nuova stesura dello Statuto comunale (oggi conservato all’Archivio di Stato di Firenze), che sarà in vigore dal 1327 al 1337, viene introdotta la Magistratura dei Defensores civitatis, due eletti dai precedenti Defensores, in carica per sei mesi. Dal momento che il Consiglio Generale comunale nomina inizialmente Rodolfo e Bettino da Pietramala, tutti e due appartenenti alla Famiglia Tarlati, questo determina di fatto la prosecuzione della Signoria sulla città della famiglia: infatti i due una volta giunti alla fine del loro mandato nomineranno Pier Saccone (fratello di Guido) e Bertoldo, sempre della famiglia Tarlati. Non solo questa situazione viene definitivamente blindata con la nomina statutaria che prevede che ai difensori sia affidata la scelta dei cittadini preposti alla modifica dello Statuito stesso, cittadini sicuramente vicini e favorevoli a chi li ha nominati. Al di fuori di questa novità, le altre Magistrature vengono mantenute: il potere esecutivo è in mano ai Signori Otto (due per ogni porta cittadina) e quello decisionale è in mano al Consiglio Generale dei Quattrocento (cento per ogni porta). A queste cariche si può accedere solo sopra un certo reddito annuo e questo ci dimostra la volontà degli statutari di aristocratizzare l’istituzione comunale.Si ha tuttavia nuovamente, cosa non più verificatasi dai tempi di Guglielmino degli Ubertini, un’apertura politica ai più alti gruppi sociali popolari.
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