Come si legge nel primo articolo del primo libro dello Statuto del 1327
Dei quattro giudici da assegnare alle cause civili, uno dev’essere destinato ad avere giurisdizione in Porta del Foro della città di Arezzo e nelle cortine di quella porta e nella viscontèa di Montania e della val d’Ambra di là d’Arno; un altro in Porta Crucifera e nelle cortine e nella viscontèa di Verna; e un altro in Porta Sant’Andrea e nelle sue cortine e nella viscontèa di Cegliolo; e il quinto in Porta Burgi e nelle sue cortine e nella viscontèa del Piano d’Arezzo e della val d’Ambra di qua d’Arno. Tutti gli uomini e persone, chiunque siano, che vogliono litigare o dolersi di qualche cittadino delle cortine e del contado predetti, sono tenuti e devono convocare il loro reo di fronte al suo giudice, cioè quello deputato alla porta o al luogo nel quale il detto reo ha il suo tribunale per origine o per residenza, e no di fronte ad un altro. E se ciò accadesse, dopo l’eccezione di incompetenza opposta dal giudice, il processo non deve aver valore in alcun modo. I detti giudici da deputarsi alle cause civili devono sedere nella parte bassa del palazzo del comune di Arezzo, cioè del Podestà, dove sono quattro tavoli, sopra ognuno dei quali, dipinti sui muri, sono gli stemmi delle porte alle quali essi sono destinati, e ad ogni tavolo ci devono essere tre notai e non di più. Se qualcuno avrà più persone di diverse porte, delle cortine o del contado di Arezzo, citate con una sola citazione per mezzo di documenti o in altro modo, contro i quali o alcuni di essi voglia agire simultaneamente, egli potrà adire il giudice delle predette porte che vorrà, una alla quale appartenga qualcuno dei convenuti.
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