Con la successiva Signoria di Guido Tarlati, pur non avendo documenti chiari in merito, è possibile che ci sia una certa ripresa dell’attività delle Arti anche se senza una particolare formalizzazione della loro attività.
Una situazione diversa si presenta all’analisi dei documenti del XIV secolo. Sono presenti Statuti di alcune Arti e la presenza di altre è documentata in fonti diverse. Licciardello nel suo breve saggio “culto dei Santi e vita cittadina ad Arezzo in età Comunale” fa un elenco di 10 Arti raccogliendo le notizie disponibili:
Arte del Cambio (1278-1616) Archivio di Stato Firenze
Arte dei Mercanti (1207-1583) Archivio di Stato Firenze statuti delle società autonome e soggette, 39
Arte della Lana (1313-1643) Archivio di Stato Firenze
Arte dei Giudici e dei Notai (1339) Archivio di Stato di Arezzo
Arte degli Orefici (1353) Archivio Stato Firenze (Archivio dei contratti di Firenze)
Arte degli Speziali (1386) Biblioteca città di Arezzo 73
Arte dei Mugnai (1387) Archivio di Stato Arezzo
Arte dei Maestri di Pietra e di Legname (1387) Archivio di Stato di Arezzo
Arte degli Ortolani (1393) Archivio di Stato di Arezzo
Arte dei Cervellieri e Calderai (1387) citate da Tafi
Alla quale si aggiunge l’Arte dei Bicchierai attestata intorno al 1220 come annota Andrea Barlucchi “La Mercanzia ad Arezzo nel primo Trecento. Statuti e riforme (1341-1347)”.
Nello Statuto del 1327 inoltre, la rubrica 52 del Libro II riguarda l’arte dei Calderai, a conferma di quanto ricordato da Tafi, e la Corporazione dei Beccai (cioè dei macellai) è presente oltre che nello stesso Statuto, anche nel manoscritto 59 conservato nella Biblioteca di Arezzo risalente ai primi anni del XIV secolo intitolato Statuto dei macellai come nota Marco Giustini nel suo lavoro “Primi lineamenti della perduta città: in principio fu Crucifera, Annali Aretini XXIV, 2016.
Il periodo della Signoria di Pier Saccone Tarlati
Sempre lo Statuto comunale scritto alla morte del Vescovo Guido Tarlati, ci dà testimonianza del fatto che in quell’epoca le attività produttive sono disciplinate da norme restrittive nei confronti delle Arti, scritte a tutela dell’acquirente con un’attenzione particolare al rispetto delle norme igieniche e ad evitare frodi. Una analisi preziosa di queste leggi è fatta ancora da Andrea Barlucchi nel suo lavoro precedentemente citato. Sottolinea lo studioso della storia aretina, che le norme sull’igiene sono ovviamente rivolte alle attività legate all’alimentazione: pizzicagnoli, treccoli (venditori al minuto di generi alimentari), fornai, beccai, pescivendoli, speziali, albergatori e venditori di vino al minuto. I fornai devono esporre il pane in una cesta pulita, sono tenuti a far pascolare i maiali lontano dal forno ed hanno il divieto di fare filare la lana dentro la bottega. I beccai hanno l’obbligo di non macellare davanti al proprio esercizio e il divieto di buttare il sangue e gli scarti per strada, devono esimersi dall’esporre carne di dubbia provenienza e nella stagione più calda devono vendere carne entro la giornata, così come devono fare i pescivendoli che sono tenuti ad esporre solo pesce fresco. Evidentemente le piccole truffe sono all’ordine del giorno e lo Statuto del 1327 presenta una serie di rubriche atte a ridurre il dilagare di questo poco edificante quanto purtroppo usuale fenomeno. I fornai devono annotare con precisione le forme di pane che cuociono, i beccai devono esporre separatamente le varie qualità di carne così che l’acquirente le possa facilmente distinguere. E’ fatto loro assoluto divieto di gonfiarle per farle apparire più grosse e devono usare pesi di metallo. Anche la concorrenza sleale deve essere fenomeno assai frequente, tanto che si precisa che i treccoli non devono esercitare la loro attività nei giorni in cui è previsto il mercato, in modo da non interferire nelle contrattazioni che avvengono in quel giorno nelle botteghe. Anche la classe degli Speziali (odierni Farmacisti) è sottoposta a restrizioni nella propria attività: le candele devono essere preparate con una libbra di bambagia ogni cinque di buona cera e non deve essere mischiata a questa né olio né trementina. Gli albergatori del contado sono tenuti a mettere a disposizione degli avventori chiodi, tenaglie ed altri attrezzi per la ferratura del cavallo, e i venditori di vino al minuto sono tenuti a pagare una cauzione di 25 lire all’anno se vogliono esercitare la propria professione e hanno l’obbligo di stare al banco fino all’esaurimento delle botti.
Per approfondire:
Gian Paolo Scharf, “Potere e società ad Arezzo nel XIII secolo (1214-1312)”
Andrea Barlucchi, “La Mercanzia ad Arezzo nel primo Trecento. Statuti e riforme (1341-1347)”
Pierluigi Licciardello, “Culto dei santi e vita cittadina ad Arezzo in età comunale”.
Marco Giustini nel suo lavoro “Primi lineamenti della perduta città: in principio fu Crucifera, Annali Aretini XXIV, 2016.
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