Alla ripresa del guelfismo ad Arezzo segue una reazione nel Contado della famiglia Tarlati ed il conseguente intervento sul territorio e la città dei Comuni di Firenze e Perugia. Il 3 giugno 1345 viene firmato un trattato di pace che istaura nuovamente il protettorato sulla città e sul Comune di Arezzo da parte dei Comuni di Firenze e Perugia. Viene redatto ancora una volta un nuovo Statuto (l’ultimo dell’epoca medioevale) dove si decreta da un punto di vista politico un definitivo governo guelfo ed ovviamente di carattere popolare. I ghibellini lontani dalla famiglia Tarlati vengono inseriti in posizione minoritaria nel governo della città ma ai guelfi spettano le decisioni riguardanti la difesa e la politica estera del Comune. Dall’analisi del nuovo Statuto emergono due grosse novità: una serie di norme contro il ceto nobiliare ed altre a favore del popolo delle Arti. I grandi aristocratici, di cui i Bostoli sono in questo momento i maggiori esponenti, vengono esclusi dagli Uffici comunali. Viene inserito nello Statuto un elenco di famiglie considerate magnati (per due terzi ghibelline e per un terzo guelfe) e cosa altrettanto significativa viene raggiunto una sorta di tacito accordo in chiave antimagnatizia fra gli strati elevati del mondo artigiano ed i ceti mercanteschi ed imprenditoriali nel quale ognuno cede e acquista o mantiene posizioni: se da una parte gli artigiani recuperano la libertà persa nel 1337 di riunirsi in Corporazioni, dall’altra la sorveglianza sul loro operato è sempre soggetta ad un funzionario comunale, l’Ufficiale della Gabella o l’Ufficiale di Freno, che è espressione del Popolo di Arezzo. Nel contempo viene definitivamente chiusa la Mercanzia, anche questa sacrificata nell’altare dell’accordo del popolo della “media gente” al governo ad Arezzo con il mondo artigiano minore in favore di una unitaria politica contro la classe aristocratica.
Per approfondire
Berti, “Arezzo nel tardo Medioevo 1222-1440”
Andrea Barlucchi, “La Mercanzia ad Arezzo nel primo Trecento”
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