Per Arezzo la sottomissione a Firenze ha ripercussioni positive e negative. Sicuramente determina la fine delle lotte che hanno caratterizzato le vicende degli ultimi decenni conferendo stabilità politica alla città. Questa nuova condizione di stabilità dà nuovo impulso all’economia, incentivo all’attività mercantile ed imprenditoriale tanto più che Arezzo viene stabilmente inserita nel circuito di relazioni commerciali fiorentino. La dominante da parte sua sfrutta la posizione della città aretina per raggiungere i mercati adriatici, l’Umbria e le Marche. D’altro canto Firenze stabilisce sulla città assoggettata una Signoria, e si attribuisce una serie di prerogative prima di competenza del libero Comune.
La classe dirigente durante la seconda dominazione fiorentina
Tutte le più importanti funzioni di governano passano in mano fiorentina anche se le decisioni amministrative di minor conto rimangono competenza degli organi aretini. Dagli Uffici riservati ai cittadini aretini vengono estromessi i ghibellini, gran parte dei magnati di parte guelfa, ed ancora una volta ciò che rimane del governo viene affidato a quel “popolo della media gente” guelfa che deteneva il potere dal 1341 durante la prima sottomissione fiorentina e che aveva fatto parte degli Arciguelfi e dei Sessanta nell’ultima parte della storia del libero Comune. Ma all’interno del ceto di governo, commenta Berti, emerge una più ristretta élite del potere, fatta di esponenti di antiche famiglie quali quella dei Guasconi, degli Albergotti, dei Camaiani, dei Catenacci e dei Bracci, e di famiglie emergenti dal mondo degli affari come quella dei Tucciarelli, dei Burali e dei Pannivecchi, o dal mondo dei grandi mercanti e ricchi lanaioli, setaioli, speziali, dottori in legge e notai, nelle cui mani si concentra la direzione della cosa pubblica, nella gestione della quale non disdegna l’apporto dell’elemento magnatizio guelfo dei Bostoli, dei Brandaglia dei Sassoli dei Testi.
Le nuove magistrature
Modificata la normativa statutaria, il governo di Arezzo viene affidato a tre principali Ufficiali, spesso reclutati tra gli esponenti delle principali famiglie fiorentine, al seguito dei quali vanno giudici, notai ed armati. Questi sono il Capitano di Custodia a cui va il comando generale ed il mantenimento dell’ordine pubblico, il Podestà che ha giurisdizione sulle cause civili e penali ordinarie, il Capitano del Cassero che ha il compito di presiedere la fortezza punto chiave del sistema difensivo aretino. A questi si aggiungono un quarto Ufficiale, il Camerlengo generale, che si occupa dell’amministrazione e delle imposte indirette, e i sei di Arezzo che per delega del governo fiorentino si occupano di fortificazione, armamenti, difesa e sicurezza.
Le funzioni amministrative ordinarie sono affidate alle magistrature di estrazione cittadina. Esse sono costituite dai Priori, i Capitani di parte guelfa ed il Consiglio generale della città. I Priori hanno in mano il potere esecutivo, ciò che non compete loro viene deliberato dal collegio delle tre magistrature: otto Priori, otto Capitani e quaranta Consiglieri. Tuttavia ogni proposta, prima di giungere al Consiglio, deve essere approvata da un organismo congiunto formato dal priorato e dall’Ufficio dei Capitani di parte. Danno un supporto tecnico a queste tre Magistrature una serie di figure con competenze notarili.
Dato il nuovo corso delle cose ovviamente la classe dirigente popolare aretina spera che la sottomissione sia una condizione momentanea, un’espediente per uscire dall’instabilità politica precedente ed un modo per avere ragione degli avversari politici interni, e quella fiorentina vede la dominazione come un dato di fatto definitivo, che segna una nuova epoca per Firenze e per la Toscana. Proprio sulla base di questa diversa prospettiva attraverso la quale si interpreta il rapporto fra dominante e dominata che nascono nei primi decenni del quattrocento le frizioni fra le due città. Firenze mira all’instaurazione del “tranquillo e pacifico stato” con il superamento delle lotte interne, Arezzo vuole raccogliere i frutti della cessione della propria libertà sfruttando la posizione di governo contro gli avversari. Tuttavia l’affermazione della politica medicea nella città di Firenze, in Toscana ed oltre i confini regionali tolgono ogni velleità alla città aretina ed agli interessi di parte del suo popolo, e l’assetto politico si avvia verso quei modelli aristocratici ed oligarchici di gestione del potere caratteristici dell’età moderna.
Per approfondire
Berti, “Arezzo nel tardo Medioevo 1222-1440”
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