Il tentativo di pacificazione di Guglielmo Vescovo di “Giurino”
L’ingresso nel quadro politico aretino di una figura esterna e molto potente taglia fuori da possibili alleanze con il potere neocostituito le parti cittadine in lotta fra di loro che per questo inaspriscono la faida interna. Il Vicario generale di Carlo da Durazzo, Guglielmo Vescovo di “Giurino” è chiamato ad una pacificazione tra i contendenti e richiama ad Arezzo gli esponenti del regime dei Sessanta, gli Ubertini ed addirittura i Tarlati dopo quarant’anni di esilio. Non solo, forza ulteriormente la situazione cercando di instaurare un governo comunale misto di guelfi e ghibellini.
Arciguelfi contro i Sessanta e Tarlati
Lo stato di cose diventa inaccettabile per le famiglie arciguelfe dei Bostoli, Albergotti e Camaiani che tentano senza successo per mano di Bostolo Bostoli l’assassinio del Vicario generale e poi chiedono la sua rimozione. I Sessanta ed i ghibellini pretendono un Vicario generale a loro più gradito e vengono accontentati da Carlo da Durazzo. Il giorno dell’avvicendamento del primo Vicario generale con il nuovo, gli Arciguelfi aggrediscono quello uscente e scatenano la sua difesa da parte dei Tarlati e dei Sessanta. Si crea una situazione drammatica con gli Arciguelfi costretti a rifugiarsi dentro al Palazzo comunale col nuovo Vicario Generale e di Sessanta, gli Ubertini ed i Tarlati che assediano la cittadella. Il giorno dopo i Tarlati e gli Ubertini fanno arrivare in città uomini provenienti dal Contado. Gli Arciguelfi escono dalla cittadella ed incendiamo le case degli avversari, poi in seguito alla reazione di questi rientrano nella cittadella. I Sessanta ed i ghibellini scalano le mura e li costringono ad una ritirata nel Casseretto. Il Vicario Generale fatto fronte comune con gli Arciguelfi chiede l’intervento della Compagnia di San Giorgio ed il 18 novembre 1381 il suo Capitano Alberigo da Barbiano prende possesso della città mettendo in fuga i Sessanta e i ghibellini saccheggiando e distruggendo le case di quest’ultimi.
Gli Arciguelfi riconquistano il controllo appoggiati da Carlo da Durazzo
Carlo da Durazzo, i Bostoli, gli Albergotti ed i Camaiani riprendono il controllo di Arezzo. In Arezzo quindi spadroneggiano nuovamente gli Arciguelfio, nel Contado i Tarlati dilagano ed accerchiano sempre di più la città. Gli Ubertini consolidano i propri possedimenti e dal canto loro i Bostoli, Albergotti e Camaiani cercano di conquistarsi piccole signorie. Il Comune aretino per mezzo di una compagnia di aretini condotta da Cecco di Amanduccio ottiene piccoli successi in Valdichiana. Da questo si capisce che nel Contado la situazione è profondamente frazionata, con le varie consorterie che lottano per i propri individuali interessi. Si delinea una situazione che ricorda le condizioni in cui versava il Comitato aretino agli esordi dell’esperienza comunale, prima che il Comune stesso mettesse in atto l’opera di unificazione delle terre prossime alla città. Gli Ubertini a lungo andare si defilano dalla lotta e giungono ad un accordo con gli Arciguelfi. I Sessanta si frammentano ed in parte si pacificano con gli Arciguelfi, in parte, come i Brandaglia, stringono ulteriori alleanze con i Tarlati per rendere la lotta più efficace. Di questo scollamento ne approfitta Firenze che nel 1383 condanna alla pena capitale e alla confisca dei beni alcuni uomini della Famiglia Tarlati fra cui Marco, per gli episodi del novembre di due anni prima. Marco ed il fratello Galeotto insieme ad altri componenti della Famiglia Tarlati ed ai figli di Guiduccio Brandaglia si pongono sotto la protezione di Siena che concorre con Firenze per il controllo del distretto aretino.
Per approfondire
Berti, “Arezzo nel tardo Medioevo 1222-1440”
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