La via di cui vogliamo parlare oggi è una breve strada che si trova nella zona del Poggio del sole, poco sotto la Prefettura. Se per qualche motivo nella vostra vita ci siete mai passati sicuramente vi sarete chiesti il perché di questo nome singolare. Chi è infatti questo Cenne della Chitarra? Ebbene, il “proprietario” di questo strano nome visse ad Arezzo a cavallo tra il XIII ed il XIV secolo. Né la sua data di nascita né quella di morte sono certe, così come quasi sconosciuta è la sua vita. Di certo sappiamo solo che era un artista, o meglio, un poeta che accompagnava i suoi versi con la chitarra, strumento che lo caratterizzò così tanto da diventare parte del suo nome. Sappiamo che scrisse molto ma delle sue opere ad oggi è arrivato solamente un breve componimento satirico scritto per parodiare l’opera di un altro autore toscano dell’epoca, ben più famoso di lui, ovvero Folgore da San Gimignano. Il testo in questione è “I sonetti de’ mesi” ed in modo giocoso vengono raccontate le caratteristiche tipiche di ognuno dei mesi che compongono l’anno. Cenne ne realizzò una versione completamente rovesciata in cui andava ad attaccare quelli che erano gli usi ed i costumi dell’aristocrazia trecentesca.
Di seguito riportiamo i versi dedicati al mese di gennaio con la versione originale di Folgore e la risposta di Cenne.
Folgore
I’ doto voi, nel mese di gennaio,
corte con fuochi di salette accese,
camer’e letta d’ogni bello arnese,
lenzuoi di seta e copertoi di vaio,
tregèa, confetti e mescere a razzaio,
vestiti di doagio e di rascese:
e ’n questo modo star a le difese,
8muova scirocco, garbino e rovaio.
Uscir di fuor alcuna volta il giorno,
gittando de la neve bella e bianca
a le donzelle, che staran da torno;
e, quando fosse la compagna
stanca, a questa corte facciasi ritorno:
e si riposi la brigata franca.
Cenne
Io vi doto, del mese di gennaio,
corti con fumo al modo montanese,
letta qual’ ha nel mare il genovese,
acqua e vento che non cali maio,
povertà [di] fanciulle a colmo staio,
da ber aceto forte galavrese
e star[e] come ribaldo in arnese,
con panni rotti senza alcun denaio.
Ancor vi do così fat[t]o soggiorno:
con una vecchia nera, vizza e ranca,
catun gittando [de] la neve a torno;
apresso voi seder in una banca,
e resmirando quel so viso adorno;
così riposi la brigata manca.
Questo particolare tipo di composizione poetica ha avuto un secondo momento di fama quando il cantautore Francesco Guccini nel suo album “Radici”, uscito nel 1972, decise di omaggiare questi due poeti medievali scrivendo una canzone con lo stesso stile e sullo stesso tema. Sto parlando della famosa “Canzone dei dodici mesi”. Guccini inoltre cita i due personaggi nel verso dedicato a maggio dimostrando un’altra volta il suo interessamento a queste “piccole” storie del passato:
Ben venga Maggio e il gonfalone amico, ben venga primavera,Il nuovo amore getti via l’antico nell’ombra della sera, nell’ombra della sera… Ben venga Maggio, ben venga la rosa che è dei poeti il fiore, Mentre la canto con la mia chitarra brindo a Cenne e a Folgore, brindo a Cenne e a Folgore…
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